FRANCESCA

Sono solo parole

Possiamo essere chi siamo, finché non dobbiamo darci un’etichetta, identificarci con una parola.

Questo avviene per un progetto, un prodotto, un’azienda. Il mio lavoro vive di immagini ma anche di parole; spesso testi, a volte solo parole, a volte anche solo una parola. Prendiamo, a esempio, il naming, che spesso diventa marchio: trovare una parola sola che racchiuda pagine di brief contenenti valori, visioni, aspettative, messaggi… Tutto in poche lettere, BAM!

Un arduo compito.

Questo vale anche per noi, a partire dal nostro nome, che ci identifica al mondo intero, ma che non siamo noi a scegliere.  

Anche il genere della nostra identità è una parola. Pensiamo all’impronunciabile acronimo LGBTQIA+. Nella complicata etichettatura di genere nel quale ci siamo infilati negli ultimi tempi, nascono parole nuove che superano i vecchi concetti di maschile e femminile, omosessuale ed eterosessuale che ormai non bastano più: tante identità, tante parole. Per avere conferme? Per descriverci al mondo? Per trovare la nostra casella nella tabella? Sta di fatto che, evidentemente, ne abbiamo ancora bisogno!

Ma…sono solo parole.

Per non parlare del genere di un nome, grammaticalmente parlando. Da tempo ci è arrivato in aiuto non una parola ma un simbolo: l’asterisco! Davvero utile o l’ennesima etichetta all’etichetta?

L’altro giorno mi sono imbattuta in questa curiosa situazione in cui volevo dire a un’amica che era un eroe. La mia mente mi ha subito corretto riportandomi al femminile: eroina.

Si, ok, ma l’eroina nel mio immaginario primario è la droga altamente distruttiva.

Pausa di riflessione.

Seguo la grammatica o scelgo il maschile riferendomi a una donna? Voglio forse passare per sgrammaticata, o ancor peggio, irrispettosa della battaglia di genere che si sta perpetuando in questo periodo storico, utilizzando il genere maschile? Dopo una elucubrazione mentale durata una manciata di secondi, ho riso di questa bizzarra diatriba interna con il mio cervello. E poi ho preso la mia decisione: la parola giusta era, per me, EROE, mi sembrava più forte e in linea con il messaggio. Ha prevalso la scelta stilistica, al diavolo la grammatica e il perbenismo.

Si, EROE è la parola che mi sembrava più adatta, eroina mi sembrava un eroe dopato, quindi meno potente. E non mi andava di usarla nel contesto in cui mi trovavo.

Riflessione finale

Siamo fatti* anche di parole, di simbologie e di contesti.

*(Questo non è un asterisco di genere)

Eccolo! Un altro chiaro riferimento alla droga, e ricomincia il trip…!! Oh no mannaggia, anche trip lo è…. Non se ne esce!

Ma in fondo sono solo parole, no?

Francesca – La sognatrice

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