DIEGO

Testuale e Visivo

L’uomo, da sempre, ha bisogno di esprimersi, di raccontarsi.

Cos’hanno in comune uno scrittore che compila un saggio, un artista che crea un’opera o un musicista che compone musica? Tutte e tre le figure comunicano, secondo il loro linguaggio, un’emozione, un concetto, una storia, un preciso momento storico/politico, un gusto musicale del periodo, un paesaggio, un genere architettonico, un costume della società…
Tutti e tre si esprimono, si raccontano e, nei nostri occhi di spettatori, sbocciano immagini.
Percepiamo la nostra mente come vagante in un mondo visuale dove la narrazione alla quale stiamo assistendo diventa sempre più reale, si delinea.

A esempio: prendiamo in mano un disco musicale o un libro.
In entrambi i casi il testo presente si accompagna sempre ad almeno un’immagine. È attraverso l’immagine che scegliamo un’opera ma è anche vero che, se non ci fosse un titolo, il lettore non sarebbe invogliato ad acquisirne “la proprietà”. Rimarrebbe solo un semplice libro su un semplice scaffale.

Per questo, testuale e visivo devono stare assieme. Convivere in un binomio tanto appassionato quanto equilibrato, come due persone che camminano a braccetto. Si danno il ritmo, tengono l’una il passo dell’altro e fanno strada. Insieme.
In particolare, parlando di visivo, ho sempre avuto un debole per l’arte. Se poi unita all’utilizzo della parola… beh, il successo è sempre stato assicurato! Molto probabilmente è per questo che tra le correnti artistiche che preferisco vi sono l’arte concettuale e la poesia visiva.

Quando parlo di arte concettuale, il pensiero volge subito all’opera “Una e tre sedie” di Joseph Kosuth dove l’artista espone una sedia, una fotografia che la ritrae e la parola scritta “sedia”. Chi si sofferma visualizzerà la sedia in tre rappresentazioni diverse tra loro che susciteranno le stesse emozioni. Un insieme di visivo-testuale così semplice tanto quanto impattante. Un binomio che sa di primitivo.

Sempre nello stesso ambito, è impossibile non citare Vincenzo Agnetti ed Emilio Isgrò.
Agnetti con l’opera “Libro dimenticato a memoria”: un libro privo della sezione centrale di ogni pagina che crea una cornice sul nulla e azzera il concetto dell’arte. Isgrò, con le sue iconiche “cancellature”, elimina letteralmente le parole: inserisce formiche e api sopra alcune di esse mettendole in risalto o estromettendole del tutto… Ne rimarranno così solo più una o due che, tolte dal loro concetto iniziale, ne creeranno uno nuovo.

Per quanto riguarda la Poesia Visiva, invece mi sento di fare i nomi di:

  • Lucia Marcucci. L’artista fiorentina che, in quasi tutte le sue opere, crea college con immagini di personaggi, parole e articoli tratte da quotidiani e li utilizza per reinterpretare i problemi politici e sociali in chiave ironico-provocatoria.
  • Roy Lichtenstein che, assieme ad Andy Warhol, è stato uno dei massimi esponenti della Pop Art. Fin dall’inizio, i fumetti sono stati suo marchio di fabbrica: rivoluzionò, attraverso la sua arte, il linguaggio espressivo degli anni ’50.

E potrei continuare all’infinito…

Gli artisti che hanno dimostrato l’effettiva efficacia di questa coppia sono stati molti e saranno ancora tantissimi. La conclusione, però, è sempre la stessa: quando Testo e Immagine si fondono quello che nasce è incredibile. Sempre diverso, sempre re-interpretabile, sempre mutevole. Quando si uniscono nascono manifesti di idee, di pensieri, di concetti. Quando si incontrano avviene una reazione. La scintilla dell’amore tra Testuale e Visivo.

Diego

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